Lo Spedale, il ritorno di un manoscritto dimenticato

Pubblicato il 2 novembre 2025 alle ore 12:39

Il lavoro di ricerca su Lo Spedale è un atto di restituzione. Restituzione di un suono, di una sensibilità, di un mondo culturale che ci parla ancora

Lo Spedale, Biblioteca Nazionale Marciana - internetculturale ©

 

 

Il lavoro di trascrizione del manoscritto de Lo Spedale, realizzato da Karalis Antiqua, rappresenta un passo importante nella riscoperta di una delle testimonianze più singolari della produzione musicale seicentesca veneziana. Si tratta, infatti, dell’unica copia superstite del manoscritto, conservata all’interno del Fondo Contarini di Venezia, una fonte preziosa che getta nuova luce su un’opera pressoché sconosciuta eppure densa di riferimenti stilistici e culturali.

Il punto di partenza di questa ricerca è stato il lavoro di Noemi Matzumoto, che per prima ha intrapreso un’indagine sul contesto e sulla trasmissione del testo. Da lì è nato un percorso di approfondimento che mi ha portato a contattare Elena Turchi, una delle massime studiose della figura di Antonio Abati, il poeta al centro di molte delle vicende letterarie e musicali di quel tempo.
Grazie alla sua consulenza, è stato possibile ricostruire un reticolo sorprendentemente fitto di connessioni tra autori, dedicate e destinatari: ogni dedica poetica, ogni rimando tra versi e musica, rivela un mondo vivo, pulsante, in cui le grandi corti europee si contendevano i migliori poeti, musicisti e compositori. Era un’epoca in cui l’arte non era solo intrattenimento, ma anche diplomazia, prestigio, scambio intellettuale.

Dal punto di vista musicale, Lo Spedale mostra un chiaro rimando alla scuola veneziana, evidente nella costante presenza del basso di lamento – il celebre tetracordo discendente – che diventa qui non solo un artificio retorico, ma un simbolo espressivo. Da Claudio Monteverdi in poi, e poi con Francesco Cavalli e molti altri, quella discesa cromatica del basso è diventata la voce stessa del dolore, della pietà, della malinconia: un emblema di stile e di sensibilità.
Ritrovare questo elemento in un manoscritto come Lo Spedale significa collocarlo con maggiore precisione nel panorama estetico veneziano, e suggerisce quanto profondamente quella scuola avesse influenzato il linguaggio musicale dell’intera Europa.

Uno degli aspetti che più mi ha coinvolto in questo progetto è stato il lavoro sulla trascrizione e sull’esecuzione del manoscritto. Affrontare un'opera praticamente sconosciuta significa doversi confrontare con l’ignoto. La ricerca diventa allora un atto di interpretazione storica, in cui ogni scelta come il fraseggio, il riconoscimento di errori nella copia del manoscritto, l’attribuzione delle parti vocali – deve poggiare su solide basi filologiche.

Per la nostra esecuzione ho scelto di adottare un criterio profondamente filologico anche nella distribuzione dei ruoli. I tre personaggi maschili – il Forestiero, il Matto e l’Innamorato – sono stati affidati a voci femminili di soprano per coerenza storica. Molti di questi ruoli, in origine, sarebbero stati destinati a voci di castrato, e come sappiamo le esecuzioni dell’epoca si adattavano ai cantanti disponibili. Il rapporto tra voce e genere, tra personaggio e interprete, non era affatto rigido: era piuttosto fluido, creativo, mutevole.

La storia del teatro musicale barocco è piena di esempi di travestimenti vocali e scenici: basti pensare a Margherita Durastanti, la pupilla di Georg Friedrich Händel, che interpretò Sesto nel Giulio Cesare. Ancora più frequente era l’inverso: uomini o castrati che interpretavano ruoli femminili, spesso anche caricaturali, come quello della donna anziana in cerca di marito.
Il Barocco viveva di ambiguità e metamorfosi: era un’epoca in cui la voce travalicava i confini del corpo, in cui il canto stesso diventava maschera.

Nel nostro caso, trattandosi di un’esecuzione in forma di concerto, senza regia o messinscena, la corrispondenza tra sesso e voce risulta del tutto irrilevante ai fini dell’autenticità musicale. La priorità è restituire il colore sonoro e il carattere affettivo originari dell’opera, proprio come avrebbe fatto un compositore seicentesco adattando la sua musica al cast disponibile.
In questo senso, affidare ruoli maschili a voci femminili non è solo una scelta pratica, ma un gesto filologico nel senso più profondo: significa rientrare, con rispetto e libertà, nella logica viva e mutevole del teatro musicale barocco.

La riscoperta de Lo Spedale è dunque più di un’operazione filologica: è un atto di restituzione. Restituzione di un suono, di una sensibilità, di un mondo culturale che ci parla ancora, e che oggi possiamo finalmente riascoltare, con orecchie nuove ma con lo stesso stupore di allora.

 

Federico Fiorio

 

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